Mentre continua la compulsiva produzione normativa in materia di superbonus e stanno arrivando le ricevute di sospensione delle comunicazioni di cessione dei crediti a seguito dei controlli preventivi dell’agenzia delle Entrate, c’è già però chi guarda oltre, ovvero ai controlli a consuntivo, che realizzerà il Fisco tra qualche anno, in quanto non ci sono scadenze a breve termine, e sui controlli, peraltro, le Entrate non hanno ancora emanato specifici documenti di prassi.
Le verifiche
Le verifiche si svilupperanno sostanzialmente attraverso due direttrici: il controllo della detrazione del 110% esposta in dichiarazione, da recuperare con avviso di accertamento, e il controllo dei crediti ceduti, da riprendere con atto di recupero.
Per quanto riguarda il primo, la sede naturale per questi accertamenti non potrà che essere quella del controllo formale: infatti, l’Agenzia, avvalendosi dell’articolo 36-ter, comma 2, lettera b), del Dpr 600/1973, può «escludere in tutto o in parte le detrazioni d’imposta non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti»; in questo caso, la cartella di pagamento deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello della dichiarazione.
Il controllo formale – per intendersi – è quello eseguito ordinariamente per il recupero di detrazioni e deduzioni, come, per esempio, le detrazioni per i familiari a carico, ma anche – e soprattutto per quel che qui interessa – le detrazioni per interventi di risparmio energetico (Ecobonus con aliquote del 50-65 per cento) o per la riduzione del rischio sismico (Sismabonus con aliquote del 50, 70, 75, 80 e 85 per cento), nonché ovviamente per le ristrutturazioni (bonus casa del 50%).
La detrazione del 110 per cento
Se il controllo formale sarà la sede privilegiata per la verifica della sussistenza dei presupposti per fruire del superbonus, non è però escluso che le Entrate possano disconoscere la detrazione del 110% anche con un atto di accertamento ordinario.
In base all’articolo 38, comma 1, del Dpr 600/1973, infatti, gli uffici rettificano le dichiarazioni quando, tra l’altro, «non sussistono o non spettano, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le detrazioni di imposta indicate nella dichiarazione»: in tale ipotesi, però, l’avviso di accertamento (esecutivo) deve essere notificato «entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione», come previsto dall’articolo 43 del Dpr 600/1973; insomma, un anno in più rispetto al controllo formale.
Per quanto riguarda, invece, l’ipotesi di utilizzo della detrazione del 110% non in dichiarazione dei redditi, ma tramite l’esercizio dell’opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito di cui all’articolo 121 del Dl 34/2020, l’esito del controllo, in questo caso, potrà dar luogo ad atti di recupero emanati in base alle disposizioni dell’articolo 1, commi 421 e 422, della legge 311/2004.
Con la legge di Bilancio 2022, che richiama la disciplina degli articoli 121 e 122 del Dl 34/2020 (relativi, in particolare, all’opzione per la cessione del credito e lo sconto in fattura), viene indirettamente stabilito che l’agenzia delle Entrate non potrà utilizzare l’atto di recupero per i bonus edilizi fruiti dal contribuente direttamente (come detrazione) in dichiarazione.
In sostanza, la legge di Bilancio 2022 stabilisce che l’atto di recupero potrà essere impiegato per l’utilizzo improprio delle opzioni dello sconto in fattura e della cessione del credito relative ai vari bonus edilizi (si vedano i commi 31 e 32 dell’articolo 1 della legge 234/2021).
La legge di Bilancio 2022 ha confermato anche le altre disposizioni già contenute nel decreto Antifrode (Dl 157/2021, oggi abrogato), stabilendo in particolare che, fatti salvi i diversi termini previsti dalla normativa vigente, l’atto di recupero deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione.
Certificazioni, ispezioni tecniche a cura dell’Enea
Un interrogativo che molti si pongono riguarda il tipo di controllo che sarà effettuato dalle Entrate sui presupposti per la fruizione del superbonus, ma anche su questo aspetto le Entrate non hanno ancora rilasciato alcun documento di prassi ufficiale.
È però da escludere fin da subito che gli Uffici possano (e riescano) a spingersi in valutazioni di merito su asseverazioni o anche su qualificazioni di interventi come risultanti dai titoli edilizi o da altra documentazione, dovendo limitarsi a effettuare un controllo puramente formale e documentale, sulla base della documentazione richiesta ai contribuenti e da questi esibita, quindi, per esempio: il rispetto delle tempistiche previste per l’agevolazione; la presenza di tutte le certificazioni necessarie che attestino, tra l’altro, il doppio salto di classe energetico dove richiesto (articolo 119, comma 3, del Dl 34/2020); l’esecuzione di interventi trainati congiuntamente a quelli trainanti (articolo 119, comma 2, del Dl 34/2020); il numero massimo di due unità immobiliari agevolate, fatti salvi gli interventi condominiali (articolo 119, comma 10, del Dl 34/2020) e altro.
Tali conclusioni trovano indirettamente conferma in alcuni documenti di prassi, laddove incidentalmente viene affermato che la «qualificazione inerente le opere edilizie spetta al Comune, o altro ente territoriale competente in materia di classificazioni urbanistiche, e deve risultare dal titolo amministrativo che autorizza i lavori per i quali il contribuente intende beneficiare di agevolazioni fiscali» (tra le altre, risposta 11/2021).
Interventi agevolati
A ulteriore conferma di ciò, a proposito di una delle questioni più controverse del superbonus, ovvero la detraibilità degli altri eventuali costi connessi agli interventi agevolabili a condizione che siano strettamente collegati alla loro realizzazione, l’Agenzia ha più volte affermato che «l’appuramento di tale circostanza (…) esula dalle prerogative esercitabili dalla scrivente (…) ed è invece demandato alla valutazione del competente tecnico abilitato, che ne attesti non solo la rispondenza ai pertinenti requisiti richiesti (…) ma anche la congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati» (risposta 672/2021).
Nonostante ciò, i controlli delle Entrate saranno comunque completi, perché in aggiunta alla correttezza formale della documentazione esibita, potranno essere richiesti specifici interventi “di merito” a organi esterni, come, per esempio, all’Enea, qualora sorgano dubbi o vi siano sospetti sulle certificazioni e attestazioni esibite: in tal caso, gli Uffici, dopo aver acquisito il parere tecnico dell’organo preposto, potranno, se del caso, accertare motivatamente, anche sotto il profilo tecnico, la decadenza dall’agevolazione.
Questa procedura, però, sarà probabilmente un’eccezione, mentre di norma il controllo sarà svolto dai funzionari dell’Agenzia – come detto – sulla base dei documenti prodotti e delle asseverazioni tecniche così come redatte dai professionisti.
Controllo tecnico
Il controllo squisitamente tecnico, del resto, è demandato proprio all’Enea, che dovrà effettuare a campione e di sua iniziativa il controllo sul rispetto dei requisiti degli interventi agevolati: i commi 3 e 4 dell’articolo 5 del decreto Asseverazioni del 6 agosto 2020 prevedono, infatti, che l’Enea controlli almeno il 5% delle asseverazioni tecniche annuali presentate e di queste almeno il 10% sia verificato con sopralluoghi sul posto; nel caso in cui da tali controlli dovesse emergere la non veridicità delle asseverazioni rilasciate dai tecnici, l’Enea dovrà comunicarlo alle Entrate per il disconoscimento dell’agevolazione (articolo 7 dello stesso decreto).
Cessione crediti, se arriva lo stop resta la chance del riesame
È ormai da alcuni mesi che sono in corso i controlli preventivi riguardanti le comunicazioni di cessione dei crediti d’imposta relativi al superbonus e agli altri cosiddetti bonus minori (articolo 121 del Dl 34/2020).
Le norme sono state originariamente introdotte dal decreto Antifrodi (Dl 157/2021), ma poi, con la legge di Bilancio 2022 (234/2021), sono state inserite nell’articolo 122-bis del Dl 34/2020, che, nella formulazione attualmente vigente, consente alle Entrate, entro cinque giorni lavorativi dall’invio della comunicazione dell’avvenuta cessione del credito, di sospendere, per un periodo non superiore a trenta giorni, gli effetti delle comunicazioni delle cessioni, anche successive alla prima, e delle opzioni inviate alla stessa Agenzia che presentano profili di rischio, ai fini del relativo controllo preventivo.
Profili di rischio
I profili di rischio sono individuati utilizzando criteri relativi alla diversa tipologia dei crediti ceduti e riferiti:
1 ) alla coerenza e alla regolarità dei dati indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni con i dati presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria;
2) ai dati afferenti ai crediti oggetto di cessione e ai soggetti che intervengono nelle operazioni a cui detti crediti sono correlati, sulla base delle informazioni presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria;
3) ad analoghe cessioni effettuate in precedenza dai soggetti indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni.
In base al citato articolo 122-bis, se all’esito del controllo risultano confermati i profili di rischio, la comunicazione si considera non effettuata e l’esito del controllo è comunicato al soggetto che ha trasmesso la comunicazione.
Se, invece, i rischi non risultano confermati, ovvero decorso il periodo di sospensione (di trenta giorni) degli effetti della comunicazione, quest’ultima produce gli effetti previsti dalle disposizioni di riferimento.
La tempistica sopra indicata è, però, davvero molto ristretta per tutta la procedura di controllo preventivo, per cui, evidentemente, l’eventuale sussistenza di profili di rischio delle cessioni non può che essere verificata con procedure automatizzate ed eseguite centralmente: in caso di esito positivo della verifica, quindi, il sistema informatico delle Entrate emette automaticamente una ricevuta, entro cinque giorni dalla trasmissione della comunicazione, con cui viene resa nota la sospensione della comunicazione.
Per espressa previsione di legge, la ricevuta di sospensione è inviata telematicamente a chi ha trasmesso la comunicazione, che, però, soltanto in rari casi è il beneficiario della detrazione, mentre molto più frequentemente si tratta dell’intermediario incaricato: per questa ragione, il beneficiario potrebbe anche non sapere, in prima battuta, che la comunicazione di cessione è stata sospesa, ma è onere dell’intermediario informarlo di ciò (come del resto è suo compito informarlo dell’esito positivo o di scarto della comunicazione trasmessa) e produrre l’eventuale documentazione richiesta (in adempimento dell’incarico ricevuto dal suo cliente).
Dopo l’emissione centralizzata della ricevuta di sospensione, gli Uffici, tramite i funzionari preposti, procederanno nel termine di trenta giorni al controllo dei profili di rischio preventivamente individuati dal sistema e, se l’esito sarà negativo, effettueranno lo sblocco della sospensione della comunicazione, mentre in caso di esito positivo, le comunicazioni verranno confermate come irregolari e il sistema informatico genererà una ricevuta di scarto della comunicazione, che sarà – anche in questo caso – trasmessa al solo soggetto che ha inviato la comunicazione.
Dopo il blocco
Il blocco dell’Ufficio apposto sulla comunicazione di cessione, però, lascia aperta un’ultima chance: con la ricevuta di scarto, infatti, sarà comunicato al contribuente o all’intermediario, oltre all’avvenuto scarto, anche la possibilità di chiedere all’Ufficio competente, in ragione del domicilio fiscale al momento della presentazione della comunicazione di cessione, un riesame della posizione e quindi della comunicazione già scartata; a tal fine, i contribuenti e gli intermediari potranno comunicare e interagire con i funzionari dell’Ufficio competente direttamente tramite posta elettronica ordinaria ovvero Pec.
Se l’istanza di riesame viene accolta, la comunicazione di cessione del credito apparirà direttamente nell’apposita piattaforma online delle Entrate, mentre, in caso di rigetto, non vi sarà più alcuna ulteriore possibilità per il contribuente, se non quella di adire le Commissioni tributarie e, soltanto in caso di pronuncia a suo favore, sarà allora possibile ottenere lo sblocco della comunicazione di cessione già scartata dal Fisco.